Tutto ciò che avete sempre voluto sapere sulle procedure d’infrazione dell’Unione europea
InfringEye è uno strumento di analisi dei dati sviluppato da EDJNet, che rende più facile per giornalisti e cittadini comprendere i meccanismi di infrazione dell’Unione europea e monitorare le procedure passate e quelle in corso. Qui sono presentati gli aspetti principali; altri dati e materiali sono disponibili sulla pagina dedicata.
Tutto ciò che avete sempre voluto sapere sulle procedure d’infrazione dell’Unione europea
InfringEye è uno strumento di analisi dei dati sviluppato da EDJNet, che rende più facile per giornalisti e cittadini comprendere i meccanismi di infrazione dell’Unione europea e monitorare le procedure passate e quelle in corso. Qui sono presentati gli aspetti principali; altri dati e materiali sono disponibili sulla pagina dedicata.
InfringEye
Sulla pagina di InfringEye, potete trovare ulteriori materiali sulle procedure d’infrazione dell’Ue, incluso il database, una relazione completa con schede per singolo paese, altri grafici e gli insiemi di dati sottostanti.
Questo lavoro è stato svolto Openpolis , osservatorio civico italiano sulla politica che si occupa di analisi basate sui dati e membro di EDJNet. Tutti i materiali possono essere liberamente ripubblicati e riutilizzati
Gli stati membri dell’Ue e la Commissione europea condividono la responsabilità di garantire la conformità con il diritto comunitario. Il rispetto di questo spirito di collaborazione rappresenta uno dei modi migliori per controllare la salute dell’Unione europea, dato che ogni anno un gran numero di direttive e di regolamenti approvati dalle istituzioni Ue deve essere recepita nelle legislazioni nazionali degli Stati membri.
L’integrazione culturale e normativa costituisce una pietra miliare del progetto europeo. A questo proposito, la questione delle procedure di infrazione europee non può essere ignorata. Solitamente, non si tiene in considerazione il costo elevato della mancata conformità con il diritto comunitario: infrangere il diritto Ue comporta sì un costo a livello economico, ma anche e soprattutto un impatto sulla qualità della vita dei cittadini europei.
Nel corso degli anni si sono compiuti sforzi per stabilire una relazione costruttiva tra la Commissione e gli stati membri, al fine di limitare il numero di procedure d’infrazione e di dare ai singoli paesi un tempo sufficiente per ottemperare ai propri obblighi. Ma, come vedremo, questo approccio ha avuto risultati contrastanti: mentre il numero annuale delle procedure aperte è diminuito, i reclami e le relazioni depositate dai cittadini sono in costante aumento. Contemporaneamente, gli Stati membri non sembrano in grado di perdere le vecchie abitudini, dato che il numero di procedure d’infrazione in corso aumenta alla fine di ogni anno.
Cosa succede prima di una procedura d’infrazione
Sono molteplici i percorsi che portano all’apertura di una procedura d’infrazione e possono coinvolgere diversi contendenti: la Commissione stessa, attraverso indagini speciali, o i cittadini, per mezzo di relazioni e petizioni. Queste ultime sono costantemente in aumento in termini numerici: in media, più di 3.700 denunce vengono depositate ogni anno contro gli stati membri per potenziali violazioni del diritto comunitario.
Tra il 2014 e il 2018, più di un terzo delle denunce sono state rivolte ad appena tre paesi: Italia (16,31 per cento), Spagna (12,06 per cento) e Francia (8,27 per cento). Nel 2016, l’Italia è stata oggetto di 753 denunce, un record per un singolo stato membro.
Mentre i dati per i singoli paesi delineano situazioni molto diverse da uno stato all’altro, la tendenza generale mostra una forte crescita. Il 2018 ha registrato il più alto numero di denunce fin dal 2014, con 3.859 casi, 200 in più rispetto alla media dell’anno precedente. Ancora una volta, tre paesi sono stati oggetto di un’ampia porzione di denunce: il primo è l’Italia, con 633 denunce, quasi la metà delle quali riguardano il mercato interno. Segue la Spagna con 486 denunce, e la Francia con 316.
In realtà, la stragrande maggioranza di queste denunce finisce con un nulla di fatto. Solo il 4,77 per cento delle denunce presentate nel 2018 ha portato a ulteriori indagini da parte della Commissione, attraverso il meccanismo pilota dell’Ue. Come se non bastasse, mentre il numero di denunce è in aumento, la percentuale di quelle che sono risultate nell’apertura di un caso pilota Ue è in costante diminuzione. Nel 2014, la percentuale era del 17,09 per cento, nel 2016 era scesa al 12,75, e nel 2018, come menzionato sopra, era ulteriormente scesa al 4,77 per cento.
Questi numeri possono significare molte cose, sicuramente indicano che la percezione dei cittadini rispetto al comportamento degli stati membri è in costante peggioramento, e ciò li porta a depositare un numero crescente di denunce, che raramente portano a una vera e propria indagine da parte della Commissione europea. Le denunce vengono respinte perché non costituiscono una violazione del diritto europeo, o perché si rilevano errori di qualche tipo, oppure perché le denunce sono state ritirate.
Il meccanismo pilota dell’Ue
In seguito a una denuncia o a un’indagine interna, la Commissione europea può decidere di avviare indagini tramite un meccanismo pilota Ue, strumento impiegato al fine di anticipare e risolvere le potenziali difficoltà, senza la necessità di avviare una vera e propria procedura di infrazione.
Il meccanismo pilota dell’Ue è stato istituito dalla Commissione e dagli Stati membri per scambiare informazioni e per risolvere i problemi in materia di applicazione del diritto Ue o di conformità del diritto nazionale con le leggi comunitarie; viene utilizzato nella fase precedente alla formale apertura di una procedura d’infrazione.
Nonostante l’efficacia dimostrata da questo strumento nel corso degli anni, la Commissione ha recentemente sottolineato la necessità di utilizzare meno questo meccanismo, per evitare di aggiungere altre fasi burocratiche prima di una vera e propria procedura. Per questo motivo, in casi di urgenza, una procedura d’infrazione può essere avviata senza una preventiva indagine pilota. La nuova strategia della Commissione è fin troppo evidente quando guardiamo ai dati specifici: il numero di casi pilota Ue è passato da 1.225 nel 2014 a soli 110 nel 2018. Il calo più consistente si è verificato nel 2017.
Il meccanismo pilota dell’Ue punta a creare un dialogo costruttivo tra gli stati membri e la Commissione. A questo proposito, è importante esaminare il tasso di risoluzione di casi pilota Ue, ovvero la percentuale di casi in cui la Commissione ritiene soddisfacenti le risposte degli stati membri. Più alta è la percentuale, più appare utile uno strumento come il meccanismo pilota, evitando l’apertura di effettive procedure d’infrazione.
Alla fine del 2018, il tasso di risoluzione di casi pilota Ue è stato del 73 per cento. Tra i paesi più all’avanguardia in quest’ambito troviamo i Paesi Bassi, con un tasso di risoluzione del 91 per cento, il Lussemburgo (89 per cento) e la Croazia (85 per cento). Tra i paesi Ue più grandi, anche Francia e Spagna registrano buoni risultati, entrambe con un tasso di risoluzione dell’80 per cento. In ogni caso, i rendimenti peggiori li troviamo in Germania e in Italia, entrambe con il 71 per cento, e nel Regno Unito (63 per cento).
È importante notare la variazione di questo dato nel corso degli anni, e ciò permette di comprendere la capacità dei singoli paesi di rispondere alle indagini della Commissione, portare avanti un dialogo costruttivo ed evitare le procedure d’infrazione.
A livello europeo, il tasso di risoluzione è sceso del 2 per cento dal 2014 al 2018, passando dal 75 al 73 per cento. Il tasso di risoluzione è peggiorato per il 57 per cento degli Stati membri nel corso degli ultimi 4 anni, in particolare per la Romania, il cui tasso di risoluzione è sceso dal 79 al 58 per cento, delineando un calo del 26,58 per cento. Segnali negativi emergono anche da Bulgaria (-25 per cento) e Slovenia (-20,99 per cento). Lussemburgo (+43,55 per cento), Croazia (+30,77 per cento) e Ungheria (+24,19 per cento) registrano invece significativi miglioramenti. Tra i paesi membri Ue più grandi, le flessioni più notevoli le registrano Regno Unito (-17,11 per cento) e Italia (-5,33 per cento), mentre Francia (+7 per cento) e Spagna (+16 per cento) mostrano i miglioramenti più significativi.
Cosa è accaduto nel corso degli ultimi cinque anni
Dopo tutte queste fasi, dai reclami dei cittadini a questo meccanismo pilota passando dalle indagini della Commissione europea, arriva il momento dell’apertura di un’effettiva procedura d’infrazione. Il primo passo di questo processo è costituito dalla notifica formale inviata agli stati membri, ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue (Tfue). Tra il 2014 e il 2018, sono state spedite quasi 4mila di queste lettere, con una media di 796 all’anno. Dopo un picco registrato nel 2016, il numero di lettere spedite sta calando.
Nel corso degli ultimi quattro anni sono state aperte 3.981 nuove procedure d’infrazione, di cui 211 riguardano Cipro, il paese europeo che finisce più di frequente nel mirino della Commissione a questo proposito. Il numero medio annuo di procedure avviate nei confronti di Cipro è maggiore di 40, che è di gran lunga il dato più consistente per qualsiasi stato membro. Vale la pena notare, inoltre, il numero elevato di procedure avviate contro il Belgio (198 nuove procedure aperte tra il 2014 e il 2018) e la Grecia (190). Tra i paesi più virtuosi, troviamo l’Estonia (79 casi aperti tra il 2014 e il 2018), i Paesi Bassi (86) e la Lettonia (99).
Le 644 nuove procedure lanciate nel 2018 hanno portato il numero di procedure d’infrazione in corso a 1.571. Negli ultimi anni, la quantità di procedure aperte alla fine di ogni anno è cresciuta costantemente: tra il 2014 e il 2015 erano 1.350, mentre dal 2016 le procedure aperte non sono scese al di sotto di quota 1.500. Questo significa che nonostante vengano aperte sempre meno procedure, comunque gli stati membri hanno difficoltà a gestire quelle aperte negli anni precedenti.
Tra il 2014 e il 2018, il numero di procedure aperte alla fine di ogni anno è cresciuto del 16,63 per cento. Il dato è cresciuto del 380 per cento nel caso della Croazia; tuttavia, essendo entrato nell’Ue nel 2013, il paese balcanico ha ovviamente iniziato il 2014 con un numero significativamente più piccolo di procedure pendenti rispetto al dato registrato per altri stati membri.
Tra i paesi Ue più grandi, l’Italia (-21,35 per cento) e la Francia (-20,51 per cento) sembrano essere i paesi che hanno improntato con più efficacia politiche per ridurre il numero di controversie con la Commissione. Lo stesso può essere detto per la Grecia (-14,61 per cento), la Romania (-13,24 per cento) e la Polonia (-11,39 per cento). Al contrario, per quanto riguarda Germania e Regno Unito, il numero totale di procedure in attesa di essere gestite è cresciuto rispettivamente del 17,65 e del 20,37 per cento.
Le aree politiche coinvolte dalle procedure sono cambiate nel corso del tempo. Storicamente, l’ambiente si è rivelato il settore più controverso per i paesi dell’Unione, e infatti la maggior parte delle infrazioni in sospeso alla fine del 2018 (intorno al 19 per cento) riguardano l’ambiente. Tuttavia, questo numero è in calo: nel 2014, le procedure in quest’ambito erano il 24 per cento del totale. La quota occupata dagli altri settori è relativamente stabile, come possiamo vedere per la mobilità e i trasporti (~15 per cento), il mercato interno (~10 per cento), e la migrazione e gli affari interni (~9 per cento).
Le infrazioni riguardanti la giustizia e i consumatori sono invece in crescita, passando dal 6 al 10 per cento, come avviene anche per quelle che coinvolgono le reti di comunicazione, i contenuti e la tecnologia, che crescono dall’1 per cento nel 2014 al 4,26 nel 2018. Quest’ultimo dato evidenzia il ruolo crescente della tecnologia nella vita quotidiana, una realtà che ha portato a un numero crescente di direttive approvate, e di conseguenza a un numero crescente di procedure d’infrazione. Al contrario, la percentuale di casi che riguardano la sanità e la sicurezza alimentare è scesa dal 7 per cento nel 2014 al 2 registrato nel 2018.
Il paese con il più alto numero di procedure aperte era la Spagna (97 casi), seguita da Germania (80) e Belgio (79). Le percentuali più basse sono state registrate da Estonia (27), Finlandia (32) e Danimarca (32).
Perché vengono aperte così tante procedure d’infrazione
Come abbiamo visto, le cause che portano la Commissione ad aprire una procedura d’infrazione sono molteplici. Nel corso degli anni, la percentuale di procedure avviate per ritardi nell’attuazione della legislazione europea è aumentata, passando dal 65 per cento del totale nel 2014 al 74 per cento. Nel 2018, il 17,69 per cento dei casi riguardavano l’erronea applicazione del diritto comunitario, e l’8,12 per cento contro le violazioni dei trattati o dei regolamenti europei.
Le 419 nuove procedure lanciate nel 2018 in ragione del ritardo nel recepimento delle direttive comunitarie ha portato il totale dei casi a quota 758, quasi la metà di tutte le procedure aperte. Confrontiamo questo dato con il numero di direttive a cui la Commissione ha dato un termine di attuazione: ogni anno, in media, la Commissione approva circa 55 direttive con termini di attuazione. Allo stesso tempo, le procedure di infrazione aperte contro i ritardi di recepimento sono circa 500. Questo significa che ogni direttiva che prevede la realizzazione entro un termine stabilito genera dieci procedure d’infrazione in media contro gli stati membri che non rispettano tale termine.
Qual è il ruolo della Corte di giustizia europea?
Un altro importante attore nell’ambito delle procedure di infrazione europee è la Corte di giustizia europea. È l’istituzione principale con il potere di condannare uno stato membro per le violazioni, prevedendo anche l’applicazione di una sanzione economica.
In media, dal 2014 circa 44 dei nuovi casi portati dinanzi alla Corte di giustizia coinvolgeva stati membri che non sono in grado di conformarsi al diritto comunitario. Nonostante il miglioramento degli ultimi anni, la Grecia ha avuto più casi con la Corte rispetto a qualsiasi altro stato membro nel corso degli ultimi cinque anni (22 casi, con 18 aperti tra il 2014 e il 2016). Segue la Germania, con 17 nuovi casi, poi la Polonia e la Spagna (entrambe con 16 nuovi casi).
Tra il 2014 e il 2018, il numero totale di nuovi casi portati dinanzi alla Corte era di 223. Nello stesso periodo, sono stati conclusi 159 casi, sia in caso di annullamento sia con sentenza pronunciata. I paesi che trattano la maggior parte dei casi hanno anche il maggior numero di casi chiusi, comprendendo sia risultati positivi, sia negativi. A guidare la classifica qui troviamo la Grecia: in tutti i 20 casi portati all’attenzione della Corte si sono rilevate effettive infrazioni. I paesi che hanno ricevuto la maggior parte delle sentenze nel corso degli ultimi quattro anni sono la Spagna (14 casi su 14), Polonia (13 su 14) e Germania (13 su 15). Dei 159 casi conclusi, solo 15 sono stati respinti dalla Corte.
Se analizziamo i dati disponibili, possiamo risalire più indietro nel tempo. Dal 1952 al 2018, gli stati membri sono stati citati dinanzi alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto del diritto comunitario in 3.957 occasioni. Da questo punto di vista, un paese tende a dominare la scena: l’Italia, con più di 652 casi, che rappresenta il 16,48 per cento del totale. Seguono a una certa distanza la Francia (419 casi, 10,59 per cento) e la Grecia (411, 10,39 per cento).