Troppi giovani sono Neet
Non lavorano né studiano: un fenomeno esploso con la crisi, soprattutto nell'Europa meridionale
Troppi giovani sono Neet
Non lavorano né studiano: un fenomeno esploso con la crisi, soprattutto nell’Europa meridionale
L’11,5 per cento dei giovani europei fra i 15 e i 25 anni non lavorano e non ricevono alcuna formazione. Nel gergo europeo vengono chiamati Neets (neither in employment nor in education or training). Una definizione che in realtà riunisce delle situazioni molto diverse: il 38 per cento dei Neets sono dei disoccupati di breve durata – spesso giovani diplomati in cerca di un primo impiego o dei ragazzi che entrano di nuovo sul mercato del lavoro dopo aver ripreso gli studi o una formazione – mentre il restante 50 per cento è rappresentato da disoccupati di lunga durata o da inattivi che si trovano stabilmente fuori dal mondo del lavoro a causa della loro situazione personale (responsabilità familiari, stato di salute) o per mancanza di qualifica. Questi ragazzi finiscono così per ritrovarsi chiusi in una fase di transizione che può rivelarsi più o meno lunga.
Una situazione che desta ancora più preoccupazione in quanto per la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) la percentuale di questa seconda categoria sarebbe sottostimata. La causa sarebbe in particolare l’incapacità della maggior parte degli Stati europei di proporre delle alternative di identificazione a questi giovani inattivi e disoccupati di lunga durata, che, scoraggiati dalla difficoltà delle procedure tradizionali, finiscono semplicemente per scomparire dalle statistiche ufficiali.
Così, anche se vi sono alcuni paesi che stanno cercando di individuare meglio i Neets – per esempio attraverso la creazione di una rete di mediatori per i giovani in Bulgaria o con l’adozione di uno sportello unico per l’orientamento dei giovani in Finlandia – nelle statistiche ufficiali i ragazzi vicini al mercato del lavoro rimangono sovrarappresentati.
Fra i 15-19 anni le ragazze inoltre sono più numerose dei ragazzi a essere senza formazione né occupazione (il 16 per cento rispetto al 12 nel 2016), per lo più per ragioni di famiglia precisava un comunicato del Parlamento europeo nel marzo 2017. Per di più la percentuale dei Neets aumenta con l’età: nel 2015 solo il 6 per cento dei ragazzi fra i 15 e i 19 anni non aveva né lavoro né formazione, rispetto al 17 per cento dei 20-24 anni.
I paesi mediterranei – ai quali si aggiunge l’Irlanda – sono quelli in cui si registra la più alta percentuale di Neets, che sono inoltre in gran parte dei disoccupati di lunga durata. In seguito vengono i paesi dell’Europa orientale, dove la principale causa di esclusione dei giovani dal mercato del lavoro e dalla formazione è la motivazione familiare (quasi un quarto dei ragazzi lettoni o bulgari senza lavoro o senza formazione ha delle responsabilità famigliari, rispetto a solo il 10 per cento degli spagnoli o degli svedesi). I Neets infine sono relativamente meno numerosi nei paesi scandinavi e nell’Europa occidentale, dove sono per lo più dei disoccupati di breve durata o impegnati a riprendere un nuovo lavoro.
Per contenere questo problema, che ha assunto dimensioni sempre più grandi dopo la crisi del 2008 – e il cui costo per gli Stati membri è stimato in 162 miliardi di euro all’anno, cioè l’1,3 per cento del Pil dell’Ue – la Commissione europea ha istituito nel 2013 la Garanzia europea per la gioventù a cui aderiscono tutti gli Stati membri e il cui obiettivo è quello di proporre a ogni giovane “un’offerta di qualità basata su un lavoro, un complemento di formazione, un apprendistato o uno stage nei quattro mesi successivi all’inizio del loro periodo di disoccupazione o di uscita dalla scuola”.
Finanziata dal fondo sociale europeo e dall’iniziativa per l’occupazione giovanile (Iej) – dotata di un bilancio di 6,4 miliardi di euro – questa Garanzia ha permesso l’adozione di 132 misure in favore dell’occupazione e della formazione dei giovani in Europa, riferisce la Commissione europea. Ma anche se dal 2014 la percentuale di giovani senza occupazione né formazione continua a diminuire, l’istituzione si rammarica che le politiche degli Stati membri mirino soprattutto ad aiutare i giovani disoccupati a scapito degli inattivi – che peraltro rappresentano la popolazione più fragile e la cui scarsa visibilità potrebbe in futuro minacciare la coesione sociale degli Stati europei.
Traduzione di Andrea De Ritis