Reporter senza frontiere denuncia “l’erosione del modello europeo”
Reporter senza frontiere ha pubblicato la sua classifica mondiale della libertà di stampa per il 2018: la situazione in Europa è ancora peggiorata.
Reporter senza frontiere denuncia “l’erosione del modello europeo”
Reporter senza frontiere ha pubblicato la sua classifica mondiale della libertà di stampa per il 2018: la situazione in Europa è ancora peggiorata.
Il 25 aprile, Reporter senza frontiere (Rsf) ha pubblicato la sua classifica mondiale della libertà di stampa per il 2018. L’Ong con sede a Parigi sottolinea che l’Europa non fa eccezione rispetto alla tendenza “all’aumento dei sentimenti d’odio verso i giornalisti” che si registra a livello globale. Rsf evoca una vera e propria “erosione del modello europeo”.
Nel rapporto allegato alla classifica si legge che “le violenze verbali dei leader politici nei confronti dei giornalisti si sono moltiplicate anche sul continente europeo, sebbene sia il luogo in cui la libertà di stampa è la più protetta al mondo. Ed è proprio in Europa, dove la libertà di stampa è meno a rischio rispetto alla situazione mondiale, che il crollo dell’indice regionale è stato il più cospicuo quest’anno.”
“Dei cinque cali più notevoli nella classifica 2018, quattro riguardano paesi europei: Malta (65esima posizione, in calo di 18 posti rispetto al 2017), la Repubblica ceca (34esima, -11 posizioni), la Serbia (76esima, -10) e la Slovacchia, che raggiunge la 27esima posizione, registrando un calo di dieci posti. In Repubblica ceca, lo scorso ottobre il presidente Miloš Zeman si è presentato a una conferenza stampa con un kalashnikov finto che riportava la scritta ‘per i giornalisti’. In Slovacchia, Robert Fico, primo ministro fino al marzo scorso, ha definito i giornalisti ‘sporche prostitute antislovacche’ o ‘semplici iene idiote’. Qui, il giornalista Ján Kuciak è stato ucciso a febbraio, dopo la morte di Daphne Caruana Galizia nell’esplosione della sua auto a Malta”, ricorda Rsf.
L’Ungheria, 73esima in calo di due posizioni, non fa eccezione: il primo ministro Viktor Orbán ha dichiarato nemico pubblico George Soros, “accusato di sostenere i media indipendenti, il cui obiettivo sarebbe ‘screditare’ l’Ungheria di fronte alla comunità internazionale”, come si legge nel rapporto. Anche in Serbia (76esima, -10) “il clima è sempre più teso dopo l’elezione a presidente dell’ex primo ministro Aleksandar Vučić, che si serve dei media filo-governativi per intimidire i giornalisti.”
“Questa cupa atmosfera non è presente solo nei paesi dell’Europa centrale”, prosegue Rsf, secondo cui “altri leader politici fanno ricorso a questa retorica non solo sfavorevole ma anche pericolosa nei confronti dei giornalisti”, come avviene ad esempio in Austria, dove l’estrema destra del Fpö accusa regolarmente la televisione pubblica Örf di trasmettere bugie, o in Spagna, dove le tensioni scaturite per il referendum sull’indipendenza della Catalogna hanno creato un “clima irrespirabile per i giornalisti”. Anche i paesi nordici, nonostante occupino le prime posizioni in classifica, hanno vissuto un peggioramento nell’ambito del giornalismo, tra le pressioni politiche e l’omicidio della giornalista svedese Kim Wall in Danimarca, al nono posto in classifica in calo di cinque posizioni.
Alle minacce e agli insulti dei dirigenti politici si aggiungono l’ingerenza del potere e le aggressioni a opera di organizzazioni criminali che agiscono in Europa e che prendono di mira soprattutto i giornalisti investigativi. A parte i casi eclatanti di Daphne Caruana Galizia e Ján Kuciak, gli attacchi fisici e le minacce di morte provenienti da gruppi mafiosi contro i giornalisti sono frequenti in Bulgaria (alla 111esima posizione, è il paese europeo col risultato peggiore di tutta l’Ue, con un calo di due posti), ma anche in Italia (46esima posizione, +6), in Montenegro (103esima, +3) e in Polonia (58esima, in calo di quattro posizioni).
Questo peggioramento della situazione della libertà di stampa è evidente anche se si restringe l’analisi ai soli paesi membri dell’Unione europea: 16 paesi su 28 hanno visto il loro punteggio abbassarsi tra il 2016 e il 2018.
“In diversi paesi europei, abbiamo notato una proliferazione degli attacchi verbali contro i giornalisti, anche da parte delle più alte cariche politiche. Alcuni sfioravano addirittura l’incitamento alla violenza; e non c’è stato un solo responsabile Ue che abbia condannato questi attacchi. Questo non fa altro che incoraggiare l’odio contro i mezzi d’informazione e i giornalisti”, ha dichiarato a EDJNet Julie Majerczak, responsabile delle campagne di Rsf presso le istituzioni europee.
Majerczak aggiunge che “l’Ue potrebbe fare molto per lottare contro l’erosione della libertà di stampa in Europa, innanzitutto affrontando la questione delle molestie giudiziarie, cioè i processi intentati da responsabili politici contro i giornalisti, in particolare quelli investigativi e i freelance, con l’unico scopo di ostacolare le loro inchieste e di colpirli economicamente.”
“L’Unione dovrebbe anche preoccuparsi dell’applicazione delle sanzioni penali nei processi per diffamazione”, aggiunge Majerczak. “Infine, dovrebbe dimostrare un comportamento coerente riguardo al rispetto della libertà di stampa da parte degli stati membri: infatti, mentre i paesi candidati sono soggetti a controlli estremamente rigorosi, una volta entrati nell’Unione le violazioni cessano di essere prese in conto. Allo stesso modo, l’Ue potrebbe porre come condizione per l’erogazione degli aiuti finanziari il rispetto dello stato di diritto, di cui la libertà di stampa è un elemento fondamentale.”
Per quanto concerne le misure annunciate di recente dalla Commissione europea che potrebbero avere un impatto positivo sulla libertà di stampa, come il progetto di direttiva sulla protezione degli informatori e il Codice di condotta europeo in materia di disinformazione, Majerczak ritiene che la prima costituisca un “passo avanti”, seppur individuando una “notevole debolezza” nel fatto che “la procedura con cui un informatore s’indirizza a un mezzo d’informazione è molto rigida e non permette di rivolgersi direttamente ai giornalisti”. Riguardo al secondo, pubblicato il 26 aprile, Rsf dovrebbe rendere nota la propria posizione nei prossimi giorni.
Metodologia
La metodologia utilizzata per stilare la classifica si basa su un insieme di risposte fornite da esperti in un questionario proposto ogni anno da Rsf. Le domande si concentrano sul pluralismo, l’indipendenza dei media, l’ambiente e l’autocensura, il quadro normativo, la trasparenza e la qualità delle infrastrutture a sostegno della produzione di informazione. L’organizzazione precisa che “a quest’analisi qualitativa si aggiunge anche un resoconto quantitativo delle violenze commesse ai danni dei giornalisti nell’arco di tempo considerato”.