Non solo Erasmus: dove e perché si muovono gli studenti d’Europa
Moltissimi studenti del sud-est Europa si iscrivono all’università all’estero, ma per buona parte di loro uscire dalla regione resta un miraggio
Non solo Erasmus: dove e perché si muovono gli studenti d’Europa
Moltissimi studenti del sud-est Europa si iscrivono all’università all’estero, ma per buona parte di loro uscire dalla regione resta un miraggio
In Europa sono quasi 700.000 gli studenti iscritti all’università in un paese diverso dal loro: non per trascorrervi dei periodi di scambio di qualche mese, ma per svolgervi interi corsi di laurea o di dottorato. Molti di loro si trasferiscono nel Regno Unito (la Brexit inciderà anche su questo aspetto ), ma pure Austria, Svizzera e Danimarca attirano quote importanti di studenti dall’estero. Per comprendere l’entità del fenomeno, basti pensare che gli studenti che ogni anno si spostano temporaneamente nell’ambito del programma Erasmus+ sono circa 300.000 . Ma quali sono i fattori che orientano questa scelta, e quali gli ostacoli per gli studenti dei paesi europei non ancora membri dell’Ue?
Ostacoli per gli studenti “di periferia”
Il sud-est Europa costituisce un caso interessante per la mobilità studentesca, sia per la portata dei flussi, sia perché la regione rappresenta un sistema chiuso, caratterizzato soprattutto da flussi intra-regionali. I suoi studenti tendono a muoversi molto di più rispetto alla media Ue, tanto che costituiscono quasi un terzo del totale degli studenti europei che sceglie di trasferirsi altrove. A determinare la loro scelta è spesso il numero limitato di atenei di livello internazionale esistenti nella regione, assediati dal proliferare di atenei di bassa qualità, gestiti da privati senza adeguati controlli da parte delle istituzioni. Giocano però un peso anche altre valutazioni economiche e culturali.
Pur essendo in parecchi a cercare migliori opportunità di formazione all’estero, gli ostacoli sono numerosi. Mentre infatti all’interno dell’Ue gli studenti sono liberi di iscriversi in un’università di un paese diverso dal loro e sono accomunati agli studenti locali sotto ogni profilo , per chi proviene da fuori Ue le cose sono più complicate: tasse molto più alte, passaggi burocratici più onerosi e – qualora non esistano accordi bilaterali – accesso a borse e alloggi notevolmente ridotto.
Come mostrano i dati, essere o meno cittadini dell’Unione Europea fa la differenza per gli studenti del sud-est Europa che decidono di trasferirsi altrove. Tra quelli provenienti dagli stati membri Ue del sud-est Europa, solo il 23% sceglie di studiare all’estero in stati della regione. La percentuale invece è doppia (45%) per coloro che non sono cittadini dell’Unione Europea. Anche se si guarda al fenomeno opposto, cioè agli studenti che dal resto del continente europeo si trasferiscono nel sud-est Europa, si vede che i principali beneficiari sono gli stati membri dell’Ue, come la Romania, la Bulgaria e la Grecia – mentre gli altri paesi ne attirano pochissimi.
Gli studenti in entrata e in uscita dal sud-est Europa
Il grafico mostra il rapporto fra studenti in entrata e in uscita nei paesi della regione. Cliccando sulle voci si possono selezionare e deselezionare i singoli flussi | Fonte: Elaborazione OBCT sugli ultimi dati pubblicati da Eurostat, UNESCO e OCSE; i dati indicano l’ammontare degli iscritti di origine straniera in un dato momento e si riferiscono al 2015 per la maggior parte dei paesi. I dati sul Kosovo e sugli studenti in entrata in Montenegro non sono attualmente disponibili.
Un’opportunità mancata?
Le ricadute positive della mobilità a fini di studio sono riconosciute e incentivate da tempo in ambito europeo: un periodo di studio all’estero arricchisce la formazione, permette di acquisire una nuova lingua e di entrare in contatto con una cultura diversa, migliora le prospettive occupazionali. Per questo sono stati creati lo Spazio europeo dell’istruzione superiore e il programma Erasmus+, e per questo l’Ue punta a portare al 20% entro il 2020 la percentuale di studenti universitari che segue un corso di studio o un periodo di formazione all’estero.
Gli studenti del sud-est Europa tendono però a ricevere minori benefici dalla mobilità internazionale, dato che si muovono prevalentemente all’interno della loro stessa regione: la maggior parte dei flussi collega infatti paesi già molto vicini dal punto di vista linguistico e culturale. Gli scambi spesso ricalcano lo stato delle relazioni tra i paesi dell’area: si tende a muoversi verso paesi “amici”, con i quali sono in essere accordi bilaterali che mettono a disposizione fondi e posti. Ad esempio, sono molti i serbi di Bosnia che si recano a studiare in Serbia.
In casi come questi, paradossalmente, la mobilità internazionale rischia di ridurre, non di accrescere, le possibilità di scambio culturale. D’altra parte, questa mobilità intra-regionale potrebbe invece essere vista anche come strumento di riconciliazione, per superare divisioni e stimolare la conoscenza reciproca. Vanno in questa direzione, ad esempio, gli obiettivi dell’Ufficio regionale per i giovani (RYCO ), creato nell’ambito del processo di Berlino.
La mobilità interna al sud-est Europa
Il grafico mostra i flussi di studenti in entrata e in uscita nei paesi della regione, in numero assoluto. Cliccando sulle voci si possono selezionare e deselezionare i singoli flussi | Fonte: Elaborazione OBCT sugli ultimi dati pubblicati da Eurostat, UNESCO e OCSE; i dati indicano l’ammontare degli iscritti di origine straniera in un dato momento e si riferiscono al 2015 per la maggior parte dei paesi. I dati sul Kosovo e sugli studenti in entrata in Montenegro non sono attualmente disponibili.
Il peso delle relazioni bilaterali
L’analisi dei flussi di studenti in entrata e in uscita dai paesi del sud-est Europa mette in luce alcuni rapporti bilaterali molto forti e spesso unidirezionali. E’ il caso della Grecia, dove oltre l’85% degli studenti in entrata proviene da Cipro (52%) e dall’Albania (36%). Se per gli studenti albanesi il fattore di spinta principale è riconducibile all’esistenza di flussi migratori consolidati tra i due paesi, nel caso degli studenti ciprioti l’aspetto dirimente ha a che vedere con l’assenza di barriere linguistiche e considerazioni di carattere economico. L’accesso ai corsi di laurea breve è gratuito sia in Grecia che a Cipro, ma invece l’iscrizione alle lauree magistrali negli atenei ciprioti costa tra i 4.000 e i 10.000 euro (mentre in Grecia la media è 3.660 euro).
La Bosnia Erzegovina riceve moltissimi studenti rispetto alle dimensioni del suo sistema universitario. Fra gli immatricolati stranieri spicca il 40% dei cittadini croati, che convergono sull’Università di Mostar, mentre il 25% degli studenti in entrata proviene dalla Turchia e si concentra soprattutto negli atenei privati di Sarajevo e Travnik (1.218 e 759 rispettivamente gli studenti stranieri iscritti nelle due città nel 2016 ). Per quanto riguarda i flussi in uscita, oltre il 50% dei bosniaci che si immatricolano all’estero si trasferisce in Serbia; a iscriversi in Croazia ufficialmente sono solo un centinaio di studenti all’anno (ma molti di più probabilmente sfuggono alle rilevazioni statistiche, perché grazie alla doppia cittadinanza non vengono conteggiati tra gli stranieri). La Turchia è la quarta destinazione più popolare per i bosniaci, che possono beneficiare di apposite borse di studio – un flusso che potrebbe aumentare in futuro, considerata l’introduzione dell’apprendimento della lingua turca nelle scuole di alcune parti del paese.
Anche i legami culturali e linguistici consolidati fra Moldavia e Romania si riflettono in un flusso significativo e costante di studenti, sostenuto da politiche pubbliche che riservano 5.000 posti l’anno negli atenei della Romania, in buona parte coperti da borse di studio, agli immatricolati provenienti dalla Moldavia.
La mobilità degli studenti universitari della regione resta quindi per ora un’opportunità a metà: ad orientare le scelte concorrono soprattutto incentivi economici e linguistici che ricalcano lo stato dei rapporti bilaterali esistenti tra i paesi dell’area, con l’esito di limitare il potenziale in termini di scambio interculturale. Tentativi di superare questa logica vengono offerti da iniziative come RYCO, che ha nella mobilità degli studenti una delle sue priorità, così come da iniziative di mobilità strutturata nell’ambito della macro-regione adriatico ionica . L’apertura del programma Erasmus+ anche ai paesi dell’area è un segnale altrettanto positivo, in attesa di un’equiparazione completa degli studenti della regione con i loro colleghi dei paesi membri dell’Ue.