Le imprese straniere che hanno vinto bandi per l’emergenza Covid-19 in Italia
Dall’inizio dell’emergenza pandemica le amministrazioni italiane hanno assegnato quasi 5 miliardi di euro per la fornitura di materiali necessari al contenimento del contagio. Di questi, 1,7 miliardi sono andati a imprese straniere. Un’analisi della geografia dei bandi Covid in Italia.
Le imprese straniere che hanno vinto bandi per l’emergenza Covid-19 in Italia
Dall’inizio dell’emergenza pandemica le amministrazioni italiane hanno assegnato quasi 5 miliardi di euro per la fornitura di materiali necessari al contenimento del contagio. Di questi, 1,7 miliardi sono andati a imprese straniere. Un’analisi della geografia dei bandi Covid in Italia.
Dei 4,7 miliardi di euro finora aggiudicati per bandi relativi all’emergenza Covid-19 in Italia, 1,7 miliardi (il 36,2%) sono stati assegnati a imprese non italiane. Più del 90% di questi importi sono stati vinti imprese cinesi, che hanno fornito soprattutto mascherine e altri dispositivi di protezione individuale, principalmente nei primi mesi dell’emergenza.
Durante lo scorso inverno, l’Italia è stato il primo paese europeo ad essere travolto dal Covid-19. Ciò ha portato il governo a dichiarare lo stato d’emergenza già il 31 gennaio 2020, alcune settimane prima di altre nazioni europee.
Lo stato d’emergenza consente alle amministrazioni statali di approvvigionarsi in tempi più rapidi del materiale utile ad arginare il contagio, curare i pazienti e, più in generale, contrastare la pandemia. In queste condizioni è possibile inoltre derogare alle norme di legge (pur rispettando i principi generali dell’ordinamento) attraverso il potere di ordinanza solitamente attribuito al capo della protezione civile. Questi può quindi delineare l’elenco delle norme a cui è possibile derogare e può a sua volta nominare altri soggetti attuatori che lo supportino nella gestione dell’emergenza.
A fine gennaio, dunque, la gestione dell’emergenza passa alla Protezione Civile, dipartimento che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il 17 marzo, inoltre, il governo nomina il “Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19“. La personalità individuata per coprire questo ruolo è Domenico Arcuri, nominato a capo di una struttura che risponde direttamente al Presidente del Consiglio e istituita anche per stipulare i maggiori contratti pubblici per la fornitura di materiale necessario al contrasto dell’epidemia. Oltre al Commissario all’emergenza e alla Protezione Civile, è concesso effettuare acquisti in deroga alle norme sugli appalti pubblici anche ad alcune amministrazioni, come ad esempio le regioni.
La scelta del governo italiano è stata quella di procedere ad acquisti massivi e senza gara d’appalto per l’approvvigionamento dei beni necessari che – soprattutto nei mesi iniziali – non poteva essere soddisfatto dalla produzione nazionale. Se è vero che durante una pandemia il “fattore rapidità” è fondamentale, è altrettanto importante che sia applicata la massima trasparenza sugli acquisti emergenziali, proprio perché effettuati in deroga alle leggi ordinarie.
Per questo abbiamo creato un osservatorio sui bandi pubblici per il Covid-19, attraverso il quale sono monitorati gli acquisti in emergenza da parte delle amministrazioni italiane. Al 17 novembre 2020 sono stati rilevati 9.000 lotti di gara indetti dalle pubbliche amministrazioni italiane, pari a un importo a base d’asta di 14,13 miliardi di euro, di cui 4,17 all’interno di accordi quadro. Quest’ultima procedura prevede un affidamento diretto all’impresa, ma in seguito alla conclusione di una convenzione con una serie di aziende fornitrici.
Per quanto riguarda il totale degli importi messi a bando per l’emergenza, risultano aggiudicati 5,5 miliardi di euro, di cui 740 milioni per accordi quadro. Escludendo questi ultimi dalla nostra analisi, al 17 novembre 2020 risultano quindi aggiudicati 4,7 miliardi di euro.
Gli acquisti all’estero nei primi mesi dell’emergenza
Le amministrazioni dello Stato si sono rivolte anche a gruppi industriali stranieri per l’acquisto di dispositivi di protezione o materiale sanitario. Nei primi mesi dell’emergenza, le aziende che hanno maggiormente fornito questi beni erano cinesi. Con il passare del tempo il sistema di produzione italiano si è adeguato alle esigenze indotte dalla pandemia, e il rifornimento di risorse si è riequilibrato fino a sbilanciarsi nettamente sugli acquisti presso aziende operanti in Italia.
Nei primi mesi dell’emergenza le amministrazioni italiane si sono rivolte in egual misura ad aziende nazionali e straniere per l’acquisto di beni o servizi. Nel periodo tra il 14 aprile e il 14 maggio 2020 gli importi banditi e vinti da aziende straniere hanno superato quelli delle imprese italiane. Il 15 aprile, infatti, sono stati aggiudicati tre tra i lotti con gli importi più alti finora banditi, relativi alla fornitura di circa 671 milioni di mascherine vendute da Luokai Trade (Yongjia) Co. Ltd e Wenzhou Light Industrial Products Arts & Crafts Import Export Co. Ltd. Entrambe le aziende sono cinesi e si sono aggiudicate complessivamente circa 974 milioni di euro.
Dal mese di maggio in poi è però diminuito notevolmente il peso delle imprese estere rispetto a quelle italiane. Tanto che dal 1 giugno al 17 novembre le aziende straniere sono passate da 1,63 a 1,71 miliardi di importi vinti, registrando un incremento molto modesto, a dimostrazione di un recupero del sistema di produzione italiano.
Degli 86 lotti vinti esclusivamente da aziende straniere, ben 67 hanno riguardato la fornitura di mascherine o altri dispositivi di protezione individuale; in termini di importi, parliamo del 98,4% del totale. Fanno eccezione le aziende francesi, che hanno venduto principalmente materiale per terapia intensiva e farmaci (il 64,5% delle forniture) e le coreane, che hanno vinto per lo più lotti relativi a prodotti o servizi di analisi (il 52,5%), come tamponi o test.
Alle aziende estere vanno pochi lotti ma per importi maggiori
Su 9.000 lotti di gara monitorati, 3.042 sono quelli dichiarati aggiudicati e non inclusi in accordi quadro. La gran parte di questi (2.609) sono stati vinti da imprese con sede in Italia. Il paese estero con aziende più ricorrenti è la Cina (29), seguita da Hong Kong (14) e Germania (13). L’85% dei lotti aggiudicati è stato vinto da imprese italiane, con le aziende straniere vincitrici del 2,73%, mentre il restante 11,47% dei lotti sono stati dichiarati aggiudicati ma senza comunicare l’azienda o le aziende vincitrici.
Gli equilibri tra aziende nazionali e straniere cambiano considerevolmente se consideriamo gli importi relativi ai lotti. In questo caso la percentuale relativa alle imprese nazionali scende al 60,1%, con le straniere che si sono aggiudicate il 36,3% degli importi in palio. Il 3,6% degli importi aggiudicati ha vincitori non noti. La differenza si spiega nel fatto che le imprese nazionali hanno vinto numerosi lotti, per forniture molto diversificate tra loro e anche per importi modesti, mentre la Cina si è aggiudicata poche forniture ma dal peso specifico molto rilevante.
Dei 1,7 miliardi di euro aggiudicati alle aziende con sede in paesi diversi dall’Italia, 1,68 miliardi (il 98%) sono stati vinti da aziende provenienti da paesi extra-UE (situati in Asia e nord America, oltre a Svizzera, Regno Unito e Norvegia) e solo 33,8 milioni (l’1,9%) da imprese con sede in nazioni dell’Unione Europea. Sono le imprese cinesi ad aver vinto la stragrande maggioranza degli importi per l’emergenza Covid-19: 1,57 miliardi di euro, pari al 91,7% del totale vinto da aziende non italiane. Segue un altro paese asiatico, la Corea del Sud, con 29 milioni, e poi gli Stati Uniti (28,8 milioni). Il primo paese europeo è la Germania, quinta, con 25 milioni di euro.
Le imprese cinesi registrano un valore medio vinto per lotto di 54,3 milioni di euro, a fronte di 1,1 milioni di euro per le imprese italiane. Dopo la Cina, i paesi di provenienza delle aziende con valori medi di aggiudicazione più alti sono la Corea del Sud (14,5 milioni), Stati Uniti (14,4) e Austria (4,15).
Le aziende italiane parte di gruppi multinazionali
Nell’analisi del peso delle forniture delle imprese estere negli approvvigionamenti dell’emergenza sono state considerate le nazioni all’interno delle quali è stata registrata l’impresa che si è aggiudicata il lotto.
Ci sono tuttavia molte aziende, considerate italiane perché titolari di partita iva italiana e con sede legale nel paese, che fanno chiaramente riferimento a brand di società multinazionali. È il caso, ad esempio, di FCA Italy Spa – soggetto di proprietà al 100% del colosso delle automobili Fiat Chrysler Automobiles N.V., società di diritto olandese – cui è stato affidato dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 un lotto da 237,4 milioni di euro, il terzo più importante per importo tra quelli censiti finora, per una fornitura di mascherine da settembre 2020 a settembre 2021.
Altri esempi sono rappresentati da Abbott, multinazionale della farmaceutica fondata negli Stati Uniti, che con le sue imprese italiane Abbott Srl e Abbott Rapid Diagnostics Srl si è aggiudicata in questi mesi 33 lotti (pari a importi per 50,5 milioni), da Roche Diagnostics Spa, di proprietà della multinazionale svizzera Hoffmann-La Roche (30 lotti aggiudicati, pari a 10,4 milioni), e da Lohmann & Rauscher Srl, divisione italiana di una multinazionale austro-tedesca, cui sono stati aggiudicati complessivi 5,7 milioni di euro per 5 lotti.
I contenuti di questa articolo sono realizzati a partire da Osservatorio bandi Covid , la nostra piattaforma sul monitoraggio nell’emergenza coronavirus. La fonte dei dati è principalmente l’Autorità anticorruzione italiana, tramite la Banca Dati Nazionale Contratti Pubblici (BDNCP).