La lobby di Airbnb a Bruxelles
Come le piattaforme che offrono affitti a breve termine investono in attività di lobbying per influenzare gli organismi europei che hanno il compito di regolarle.
La lobby di Airbnb a Bruxelles
Come le piattaforme che offrono affitti a breve termine investono in attività di lobbying per influenzare gli organismi europei che hanno il compito di regolarle.
“Questa è una deriva che il diritto europeo dovrebbe sanzionare.” È questa la reazione dell’Unione francese per la promozione degli affitti turistici (UNPLV), sindacato delle piattaforme di locazione di breve durata come Airbnb, Homeaway o TripAdvisor, dopo la presentazione in aprile scorso del progetto di legge sull’alloggio Elan, che rafforza la responsabilità degli attori digitali nel settore turistico. Il panorama europeo, infatti, è diventato di importanza strategica per queste piattaforme. L’associazione Corporate Europe Observatory (Ceo), in un rapporto pubblicato giovedì 3 maggio evidenzia come queste piattaforme tentino di utilizzare la Commissione europea per limitare o rimuovere politiche pubbliche di regolazione messe in atto da alcune città europee per proteggere il mercato degli affitti di lunga durata.
“La loro agenda è chiara: ogni ostacolo alla loro continua espansione deve essere eliminato grazie a misure adottate da Bruxelles”, afferma Kenneth Haar, autore del rapporto del Ceo. Come per molti altri settori, le piattaforme di locazione a breve durata hanno dei rappresentanti a Bruxelles: si riuniscono all’interno della European Holiday Home Association (Ehha), creata nel 2013, che rappresenta, tra gli altri, Airbnb, Homeaway, Schibsted, Tripadvisor e Wimbu. Il budget annuo dell’Ehha è relativamente modesto (tra 400.000 e un milione di euro dichiarati nel 2016 nel registro della trasparenza), ma è stato quadruplicato rispetto all’anno precedente.
Il rapporto mostra come la lobby delle piattaforme si attivi per orientare a proprio favore l’interpretazione dei testi di legge europei. Ad esempio, è solo a seguito di una lettera inviata nel 2015 da dodici piattaforme che la Commissione ha inserito una riga nella sua “Strategia del mercato unico” annunciando un’“agenda europea per l’economia collaborativa contenente orientamenti sui modi in cui devono essere applicate le leggi in questo settore economico”. Quest’agenda è stata pubblicata in giugno 2016 e contiene un articolo riguardante la responsabilità delle piattaforme, favorevole a queste ultime: indica, ad esempio, che i paesi dell’Unione non possono costringere le piattaforme a individuare, in maniera automatica, le attività illegali sui loro siti Internet.
Oppure, se le autorità pubbliche vogliono imporre la registrazione degli ospiti o una richiesta di autorizzazione, devono dimostrare che questi obblighi sono “necessari, proporzionati e non discriminatori”. Una battaglia vinta dai lobbisti a Bruxelles: Ceo segnala una lettera coordinata da Delany & Co, un’azienda di consulenza in ambito lobbistico (guidata da Luc Delany, ex lobbista per Facebook), e una riunione tra l’Ehha e la Commissione.
La minaccia delle vie legali
Ma non è tutto: il fatto che abbiano vinto una battaglia, non significa che vogliano deporre le armi. Poco tempo dopo la pubblicazione di questa “agenda per l’economia collaborativa”, l’Ehha ha presentato una denuncia presso la Commissione europea contro quattro città europee (Parigi, Berlino, Barcellona e Bruxelles) poiché ritiene che le misure di regolazione degli affitti a breve durata sono eccessive e non rispettano il diritto europeo. Questo tipo di denuncia, se le accuse dovessero rivelarsi fondate, darebbe il via a una procedura chiamata “Eu Pilot”, ovvero una mediazione tra la Commissione europea e i paesi coinvolti, affinché questi si adeguino al diritto europeo.
“Stiamo esaminando la denuncia”, afferma Guillaume Roty, portavoce della Commissione presso la rappresentanza in Francia. Il rapporto Ceo sottolinea che il problema è che queste richieste si rivolgono unicamente agli stati, mentre questa denuncia in particolare riguarda alcune città. La città di Parigi, in ogni caso, conferma di non avere interlocutori a questo proposito.
Al termine della procedura “Eu Pilot”, se la mediazione non ha permesso di risolvere il problema, la Commissione potrebbe essere costretta ad aprire una procedura d’infrazione, ovvero a rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) affinché questa fornisca la propria interpretazione del diritto europeo e, all’occorrenza, condanni le eventuali infrazioni. Inutile dire che l’Ehha non esita a utilizzare l’arma della dissuasione giudiziaria…
“Non sappiamo come andrà a finire”, si legge alla fine del rapporto del Ceo, ma “non si può più negare il fatto che oggi Airbnb è diventata una multinazionale come le altre”. Con metodi di lobbismo presso le istituzioni europee che non hanno nulla da invidiare a quelli impiegati dai Gafa.