L’inquinamento delle automobili costa oltre 62 miliardi di euro l’anno
Costi per la salute, ma non solo. Se si considerano anche i danni alla biodiversità e all'agricoltura la stima è ancora più alta. La buona notizia è che per il 2030 si prevede un calo delle emissioni auto, e dunque un contenimento di questi costi. Ma la scelta di politiche mirate può fare una grande differenza.
L’inquinamento delle automobili costa oltre 62 miliardi di euro l’anno
Costi per la salute, ma non solo. Se si considerano anche i danni alla biodiversità e all’agricoltura la stima è ancora più alta. La buona notizia è che per il 2030 si prevede un calo delle emissioni auto, e dunque un contenimento di questi costi. Ma la scelta di politiche mirate può fare una grande differenza.
Ogni anno, 500mila europei muoiono prematuramente a causa dell’inquinamento dell’aria. I trasporti su strada emettono da soli il 18% di questi inquinanti e sono responsabili del 39% delle emissioni di ossido d’azoto e del 10 per cento di polveri sottili.
Questo inquinamento atmosferico comporta, oltre al numero eccessivo di morti, importanti problemi di salute per la popolazione europea, in particolare di natura respiratoria e cardiovascolare. La spesa in ambito sanitario generata dal trattamento di queste patologie è appena stata misurata e resa pubblica dall’Alleanza europea per la salute pubblica (Epha) , un’organizzazione non governativa che riunisce più di 90 tra associazioni e professionisti in ambito sanitario. Questa spesa raggiunge i 62 miliardi annui. Una stima basata sui dati raccolti nel 2016 dal CE Delft, un centro di ricerca indipendente olandese, in nove paesi europei: Germania, Polonia, Spagna, Austria, Ungheria, Slovenia, Bulgaria, Romania e Estonia.
Se si considera l’insieme della spesa generata dall’inquinamento prodotto dalle automobili (spese sanitarie, ma anche quelle legate ai danni alla biodiversità, le costruzioni o ancora l’agricoltura), questa somma raggiunge i 66,7 miliardi di euro annui. E la maggior parte di queste spese sono riconducibili ai veicoli diesel, responsabili dell’83% dei costi.
Per arrivare a queste stime, i ricercatori del centro CE Delft si sono basati sulla norma europea di calcolo delle emissioni di inquinanti dei veicoli (Copert). Hanno poi svolto gli stessi calcoli prendendo come riferimento le misurazioni realizzate all’interno del progetto True (The Real Urban Emissions Initiative), progetto messo a punto dal Consiglio internazionale per i trasporti puliti (Icct) – l’Ong all’origine del dieselgate – che registra i livelli di inquinamento in contesti reali. E queste misurazioni sono ben superiori. Di circa il 20%.
Ci si attendeva che dopo il dieselgate, lo scandalo scoppiato nel 2015, il numero di veicoli “sporchi” – che hanno cioè un livello di emissioni, di ossido d’azoto in particolare, almeno tre volte superiore alle norme – fosse diminuito sulle strade europee, ma non è andata così. Nel 2015, erano 29 milioni. Oggi se ne contano circa 43 milioni, secondo l’Ong Transport & Environment.
Se si prendono in considerazione questi nuovi dati, i costi generati dall’inquinamento delle automobili in Europa non sono dunque 66,7 miliardi, bensì circa 80 miliardi, di cui 60 di responsabilità dei veicoli alimentati a diesel. Di questi 80 miliardi, più di 72 rappresentano la spesa sanitaria.
Questa cifra pesa per la maggior parte sul bilancio dei singoli paesi: il 73 per cento di queste spese sono direttamente a carico dello Stato e delle assicurazioni sanitarie obbligatorie. Nel 2016, l’impatto sulla salute dell’inquinamento delle automobili è quindi costato ai governi e alle assicurazioni sanitarie degli stati membri Ue circa 53 miliardi di euro. La Germania, ad esempio, ha dovuto rimborsare 15 miliardi, l’Austria 2 miliardi mentre la Spagna 3,2 miliardi.
C’è tuttavia una buona notizia: il livello di inquinamento atmosferico dovuto alla circolazione delle automobili dovrebbe abbassarsi entro il 2030. Ciò avverrà grazie al rinnovamento del parco automobili in favore di veicoli più puliti: a livello europeo, la parte di veicoli Euro 6 (i meno inquinanti) dovrebbe passare dal 6 all’85 per cento tra 2016 e 2030 per il diesel, e dall’8 all’89 per cento per quanto riguarda la benzina.
Le emissioni di ossido d’azoto e di anidride solforosa dovrebbero così calare del 69 per cento e quello delle polveri sottili (PM2,5) dell’80 per cento. Tuttavia, le emissioni di polveri sottili di tipo PM10 probabilmente aumenteranno del 29 per cento entro il 2030.
Il calo dell’inquinamento dovrebbe permettere di abbassare i costi del 71 per cento tra 2016 e 2030, come anche l’ammontare della spesa sanitaria a carico dello Stato e delle assicurazioni sanitarie obbligatorie (anch’essa -71 per cento). Basandosi sul riferimento True, il calo dei costi è sempre molto significativo, per quanto un po’ meno consistente (-68 per cento e -63 per cento).
Adottando misure in favore della riduzione dell’inquinamento, sarebbe comunque possibile tagliare ancor più questi costi. L’Epha ha immaginato due scenari: uno a “basse ambizioni”, l’altro con “ambizioni alte”. Nel primo scenario, i veicoli che non rispettano la norma Euro 6 non potrebbero circolare nelle città di più di 100mila abitanti e la quota di veicoli elettrici sarebbe un po’ più consistente che nello scenario di base. Nello scenario con “ambizioni alte”, questa quota sarebbe ancor più consistente, i veicoli che non rispettano la norma Euro 6 non sarebbero autorizzati a circolare, una tassa sul diesel aumenterebbe il prezzo dei carburanti, e così via.