In Europa la lotta contro la povertà perde colpi
Il modello sociale europeo è in difficoltà. I trasferimenti sociali degli Stati membri dell'Unione europea in questi ultimi anni hanno avuto un impatto sempre più ridotto sulla riduzione della povertà.
In Europa la lotta contro la povertà perde colpi
Il modello sociale europeo è in difficoltà. I trasferimenti sociali degli Stati membri dell’Unione europea in questi ultimi anni hanno avuto un impatto sempre più ridotto sulla riduzione della povertà.
Il modello sociale europeo è in difficoltà. Negli ultimi anni, secondo i dati pubblicati da Eurostat , i trasferimenti sociali dei diversi Stati membri dell’Unione europea (Ue) hanno avuto un impatto sempre più ridotto sulla riduzione della povertà.
Mentre nel 2010 le prestazioni sociali hanno permesso di ridurre la percentuale di persone povere nell’Ue del 36,8 per cento, questo dato è sceso al 32,4 per cento nel 2017. In Portogallo e nei Paesi Bassi questa riduzione dell’impatto delle prestazioni sociali è stata particolarmente spettacolare (rispettivamente del 9,7 e 11,5 per cento). In Francia l’impatto si è ridotto molto meno (1,8 punti in meno fra il 2010 e il 2017), e questa riduzione si è concentrata soprattutto negli anni 2010 e 2011. Dal 2012 questo indicatore ha ripreso a crescere. In Germania la riduzione è più lineare (2,3 punti in meno). Anche nei paesi nordici come la Svezia e la Danimarca, peraltro note per il loro modello sociale protettivo, la riduzione è evidente. Unica eccezione è la Finlandia.
“In seguito alla crisi del 2008 molti paesi europei hanno ridotto le loro spese pubbliche”, osserva Pierre Madec, economista presso l’Osservatorio francese delle congiunture economiche (Ofce – Sciences Po). “La somma totale delle prestazioni sociali si è quindi ridotta, riducendo in modo meccanico l’impatto sulla povertà”. La situazione è particolarmente complicata per i paesi del Sud come il Portogallo, dove i trasferimenti riducono il tasso di povertà di appena un quarto. Mentre in Olanda riescono a ridurlo di quasi due quinti (il 39,7 per cento).
“Al di là dell’efficacia delle prestazioni sociali, l’obiettivo è arrivare a un basso tasso di povertà dopo i trasferimenti sociali”, ricorda Pierre Concialdi, ricercatore presso l’Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires). “In alcuni paesi infatti le prestazioni sociali hanno perso di efficacia, ma il tasso di povertà dopo i trasferimenti sociali si mantiene a un livello poco elevato”. È il caso della Francia, dove questo tasso rimane relativamente basso al 13,3 per cento nel 2017, rispetto al 16,9 per cento in media nell’Unione europea. Al contrario la Grecia e l’Italia hanno migliorato l’efficacia dei loro trasferimenti sociali ma questo non ha impedito a più di un quinto della popolazione di vivere sotto la soglia di povertà.
Al tempo stesso i dati pubblicati da Eurostat non permettono di misurare l’effetto dei trasferimenti sociali sull’intensità della povertà. “La soglia di povertà presa in considerazione dall’ufficio statistico è fissata al 60 per cento del reddito mediano”, sottolinea Pierre Madec. “Una riduzione del tasso di povertà può quindi significare che i trasferimenti sociali hanno interessato le fasce di popolazione vicina a questa soglia. Per misurare l’impatto sulle fasce di popolazione in situazione di grande povertà bisogna osservare la soglia del 40 per cento del reddito mediano”. In questo modo la Francia è riuscita a ridurre leggermente il suo tasso di povertà al 40 per cento del reddito mediano, passando dal 3,7 per cento nel 2010 al 3,1 nel 2017. Al contrario la Grecia e l’Italia registrano un peggioramento di questo tasso, passato dal 7,3 per cento nel 2010 al 9,3 nel 2017 per la Grecia e dal 7,3 per cento all’8,8 per l’Italia.
Queste cifre arrivano poco più di un anno prima che l’Unione europea faccia un bilancio su un certo numero di obiettivi quantitativi che si è fissata nel quadro della strategia Europa 2020. Questi obiettivi riguardano cinque settori: l’occupazione, la ricerca/sviluppo, il cambiamento climatico e l’energia, l’istruzione, la povertà e l’emarginazione sociale. In quest’ultimo settore l’obiettivo era quello di ridurre di almeno 20 milioni il numero delle persone interessate o minacciata dalla povertà e dall’emarginazione sociale fra il 2008 e il 2020. Ma, di fatto, questo numero è passato da 116,07 milioni di persone nel 2008 a 116,88 milioni nel 2016. In altre parole, mentre tutti gli altri obiettivi si stanno più o meno realizzando, quest’ultimo, al contrario, sta peggiorando.