Addio spiagge
L’Europa è destinata a perdere fino a 15.000 chilometri di litorali a causa dell’erosione provocata dall'innalzamento dei mari. Ne saranno particolarmente colpiti Regno Unito, Francia, Grecia, Spagna e Italia. Inoltre, i turisti europei troveranno meno sabbia sulle spiagge durante i loro viaggi nelle destinazioni tropicali di tutto il mondo.
Addio spiagge
L’Europa è destinata a perdere fino a 15.000 chilometri di litorali a causa dell’erosione provocata dall’innalzamento dei mari. Ne saranno particolarmente colpiti Regno Unito, Francia, Grecia, Spagna e Italia. Inoltre, i turisti europei troveranno meno sabbia sulle spiagge durante i loro viaggi nelle destinazioni tropicali di tutto il mondo.
Vita da spiaggia, vacanze in località tropicali e villeggiatura, progetti di trasferirsi al mare: tutte cose che potrebbero diventare un ricordo. Quasi la metà delle spiagge di sabbia del mondo potrebbe sparire entro il 2100 a causa degli allagamenti costieri dovuti al cambiamento climatico e all’invadenza umana: lo afferma un nuovo studio del Joint Research Center (JRC) della Commissione europea al quale abbiamo avuto accesso in anteprima.
Oltre a mettere a rischio la natura e le comunità isolate, l’erosione dei litorali potrebbe avere gravi ripercussioni in aree ricche di infrastrutture e contrassegnate da urbanizzazione e turismo di massa. Quando le spiagge si ridurranno, queste località non saranno più protette dalle devastazioni dei mari. I governi hanno iniziato a investire in contromisure che si potrebbero rivelare sempre più onerose, se non addirittura insostenibili.
I ricercatori del JRC stimano che fra appena trent’anni l’erosione avrà spazzato via 36.000 chilometri (13.6%) di aree sabbiose. Nella seconda metà di questo secolo il fenomeno perdurerà e in tutto il mondo potrebbe arrivare a provocare la perdita di 95.000 chilometri (25,7%) di coste.
Queste stime non sono nemmeno le più catastrofiche. In verità, si basano sulla previsione ottimistica di economie globali che si vogliono più ecologiche e su una drastica riduzione del riscaldamento globale. In questo scenario di ridotto scioglimento delle calotte polari e di minore dilatazione termica delle acque, gli oceani in questo secolo si innalzerebbero “soltanto” di 50 centimetri.
L’International Panel on Climate Change mette in guardia, per contro, dicendo che l’aumento sarà di ben 80 centimetri se le emissioni di anidride carbonica proseguiranno ai ritmi attuali. Se ciò dovesse accadere, i chilometri complessivi di spiaggia che finiranno sommersi dall’acqua potranno essere oltre 131.000, pari al 13 per cento delle coste del pianeta prive di ghiacci (un terzo delle quali sabbiose).
In tutto il mondo, il litorale in media arretrerà di 86 metri (scenario low-carbon) o di 128 (scenario high-carbon). L’erosione effettiva sarà maggiore o inferiore a seconda delle località: le coste pianeggianti o più selvagge saranno maggiormente colpite di quelle dove il litorale è più scosceso o soggetto a interventi umani di manutenzione.
Nel peggiore dei casi l’Italia perderà 1.030,5 km (29,73%) di spiagge, arrivando così al settimo posto della classifica dei paesi europei, guidata dal Regno Unito. In testa alla classifica internazionale stanno l’Australia (14.849 km), seguita da Canada (14.425 km), Cile (6659 km), Messico (5488 km), Cina (5440 km), Stati Uniti (5530 km), Russia (4762 km) e Argentina (3739 km).
Benché sia il Paese che ci rimetterà di più in termini di litorali spariti (superando Francia, Irlanda, Grecia, Spagna e Italia), il Regno Unito conserverà un numero di spiagge relativamente superiore rispetto a molti altri stati membri dell’Ue.
Nel complesso, gli europei potrebbero dover dire addio a 15.780 chilometri (42 per cento) di dune sabbiose (quota che rappresenta il 22 per cento del litorale totale).
“Il totale delle coste a rischio include località che saranno sommerse per oltre cento metri, ipotizzando l’assenza di barriere fisiche mirate a impedire l’erosione delle spiagge” ha detto Michalis Vousdoukas, oceanografo al JRC e responsabile capo dello studio. “La soglia dei 100 metri è ottimistica, dato che la maggior parte delle spiagge ha una profondità inferiore ai 50 metri, soprattutto vicino ai centri urbani e nelle piccole isole come le caraibiche e le mediterranee.”
Le grandi spiagge si restringeranno dai 100 ai 200 metri sulle coste dell’Atlantico e del Pacifico e sul versante australiano dell’Oceano Indiano, spazzando via oltre il 60 per cento della sabbia in molti paesi in via di sviluppo, fragili dal punto di vista economico e molto dipendenti dal turismo costiero.
“Le tendenze all’erosione aumentano in proporzione con i gas serra” ha detto Vousdoukas. “Una modesta riduzione delle emissioni potrebbe impedire al 17 per cento dei litorali di arretrare da qui al 2050 e al 40 per cento entro il 2100, risparmiando quindi mediamente 42 metri di sabbia tra terra e mare.”
L’innalzamento dei livelli dei mari oltretutto acuisce il problema delle costruzioni erette dall’uomo lungo i litorali e delle barriere artificiali (come edifici, strade, dighe) che hanno drasticamente ridotto il naturale apporto di materiali di reintegro delle spiagge sabbiose.
In alcune regioni, l’erosione marina è compensata dall’innalzamento del terreno (per esempio nel Mar Baltico). I sedimenti possono essere trasportati dai fiumi, sia naturalmente come in Amazzonia, sia in conseguenza di attività artificiali come nel delta dei fiumi cinesi, dove si accumulano residui provenienti da siti industriali più a monte.
I fattori antropogenici e geologici contribuiscono quindi alla variazione netta della profondità del litorale, sia amplificando l’innalzamento del livello dei mari, sia agendo in contrapposizione a esso. Benché ciò accada ovunque, sono pochi i litorali che si stanno espandendo.
Un terzo fattore dell’erosione, di gran lunga meno incisivo, è l’intensificarsi delle mareggiate. Associate al cambiamento del clima, le tempeste sono destinate a erodere sempre più le spiagge più esposte.
Lo studio prevede che i litorali britannici che andranno incontro all’erosione maggiore saranno proprio quelli delle coste est e ovest, più esposte agli innalzamenti delle maree rispetto alle coste meridionali.
Entro la fine del secolo, dunque, sarà a rischio fino al 63 per cento delle regioni costiere europee più basse, che ospitano una spiaggia su tre. In queste aree, sia la densità della popolazione sia lo sviluppo edilizio tendono a essere maggiori rispetto all’entroterra.
“L’espansione umana verso il mare proseguirà, perlopiù lungo i litorali incontaminati particolarmente estesi in Asia e in Africa” ha detto Vousdoukas. “Pertanto, si rendono necessarie misure immediate di adeguamento.”
La maggior parte dei politici in carica ritiene che valga la pena preservare soltanto i litorali redditizi. A protezione di Blackpool per esempio, un’iconica meta per le vacanze estive dei britannici, nel 2017 è stato completato un muro frangiflutti costato 62 milioni di sterline. Oltre a richiedere ingenti costi di manutenzione, queste protezioni di cemento in verità sono considerate più un problema che una soluzione, perché ostacolano il processo di deposizione al largo della sabbia portata dalle correnti, peggiorando così l’erosione.