Con lo SCAF l’integrazione europea fa passi avanti
I due giganti dell’aeronautica Dassault Aviation e Airbus svilupperanno un nuovo aereo da combattimento. Un programma strategico per lo sviluppo dell’industria militare europea, che potrebbe contribuire al rafforzamento del progetto comunitario.
Con lo SCAF l’integrazione europea fa passi avanti
I due giganti dell’aeronautica Dassault Aviation e Airbus svilupperanno un nuovo aereo da combattimento. Un programma strategico per lo sviluppo dell’industria militare europea, che potrebbe contribuire al rafforzamento del progetto comunitario.
Il 17 maggio 2021, le ministre della Difesa francese, tedesca e spagnola hanno raggiunto un accordo che permetterà all’integrazione europea nel campo della difesa di superare una nuova tappa, grazie al con lo sviluppo di un dimostratore nell’ambito del Sistema di combattimento aereo del futuro (SCAF), previsto per 2027. Questo accordo politico fa seguito a quello raggiunto a inizio aprile tra Dassault Aviation e Airbus, le due principali imprese coinvolte, dopo mesi di scontro sulle modalità della loro cooperazione.
Il programma SCAF mira, tra l’altro, a sostituire gli aerei da combattimento tedeschi, spagnoli e francesi entro il 2040. Si tratta a tal fine di sviluppare un aereo europeo detto di sesta generazione, il New Generation Fighter (NGF) assieme a un sistema di combattimento collaborativo – in breve, un sistema che permetta di migliorare la condivisione delle informazioni tra i vari attori operativi: aerei, droni, satelliti, missili, navi da guerra, e così via. L’avvio di questo programma aeronautico di ampia portata (il cui costo è stimato a circa 50-80 miliardi di euro) fu annunciato dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel nel luglio 2017. In seguito alla decisione del primo ministro Pedro Sánchez, il programma è stato sottoscritto anche dalla Spagna nel 2019. Sarà aperto alla partecipazione di altri paesi europei in un secondo tempo.
Il progetto è supervisionato dalla Francia sia al livello industriale che politico. In cambio, tocca alla Germania coordinare altri due programmi di armamento ai quali partecipa la Francia, tra cui un progetto franco-tedesco di carro armato (Main Ground Combat System – MGCS) avviato in 2018. Cosi Dassault Aviation guida lo sviluppo del New Generation Fighter e il progetto SCAF in generale, mentre Airbus (di cui Francia, Germania e Spagna sono tutti e tre azionisti) coordinerà la parte droni e cloud del programma. Negli ultimi anni, diversi sviluppi hanno favorito il lancio di programmi collaborativi di armamento in seno all’Unione europea (UE), come le riforme adottate sotto la Commissione Juncker (2014-2019), l’emergere di un contesto geopolitico mondiale più instabile e le tensioni sorte tra gli europei e il presidente statunitense Donald Trump (2017-2021) su diversi argomenti, compreso quello della difesa. Data la sua dimensione strategica sia militare che industriale, lo SCAF, così come il suo equivalente – il progetto Tempest, condotto dal Regno Unito, dall’Italia e dalla Svezia – potrebbe contribuire in modo significativo all’approfondimento dell’integrazione politica europea.
Un programma dipendente da una logica industriale antica
La cooperazione europea nel campo dell’industria militare in seno all’UE rimane però complessa. Dopo il fallimento del progetto di Comunità europea della difesa in 1954, la costruzione europea è stata principalmente orientata verso l’integrazione economia e, per la maggior parte degli Stati membri, è sempre stata la NATO a costituire la pietra angolare della difesa dell’Europa.
A causa di questa assenza di coordinazione al livello dell’UE, l’industria militare europea rimane frammentata e la ricerca di sinergie è ancora recente. Inoltre, si può osservare un’ampia ridondanza dei programmi di armamento nell’Unione. Ad esempio, nel 2019 gli eserciti dell’UE utilizzavano venti tipi di aerei da combattimento, contro solo sei per l’esercito americano. Per gli Stati dotati di un’industria militare, tale situazione comporta numerosi svantaggi. Ognuno deve in effetti finanziare i propri programmi di armamento, sforzarsi di effettuare un livello di ordini sufficiente per sostenere le imprese coinvolte e provare di esportare i sistemi in questione; i costi di sviluppo sono inoltre in costante aumento a causa dei progressi tecnologici. Gli Stati europei devono poi affrontare la concorrenza proveniente dall’estero e in primo luogo degli Stati Uniti, la cui industria è peraltro avvantaggiata dalla taglia del loro mercato nazionale e dalla scelta di numerosi Stati membri dell’UE di attrezzarsi da decenni con materiale americano, soprattutto nel campo dell’aviazione da combattimento (si pensi ai numerosi successi del F-35 o del F-16).
Un percorso difficoltoso
La frammentazione dell’industria militare europea spiega in parte le difficoltà incontrate dagli diversi attori coinvolti nello SCAF. Oltre allo scontro tra Dassault Aviation e Airbus, si possono ricordare le tensioni sorte tra le due principali imprese incaricate dello sviluppo del motore del nuovo aereo da combattimento, Safran (Francia) e MTU (Germania). In febbraio 2019, le due parti avevano raggiunto un accordo, approvato dai rispettivi governi: Safran era stata nominata responsabile della progettazione del motore, con MTU come partner principale. Eppure, nelle settimane successive, MTU, così come certi parlamentari tedeschi, hanno rimesso l’accordo in discussione, accusandolo di penalizzare l’industria tedesca. Siccome la commissione del bilancio del Bundestag deve necessariamente approvare qualsiasi spesa superiore a 25 milioni di euro, la notifica del contratto di sviluppo di aereo e droni è stata rinviata. Una nuova proposta, che prevede una joint venture Safran-MTU, è stata presentata ai governi francesi, tedeschi e spagnoli nell’aprile 2021.
Il voto del Bundestag è stato rallentato anche dalle difficoltà incontrate durante i negoziati per il progetto di carro armato franco-tedesco. Alcuni deputati tedeschi hanno cercato di ritagliare un ruolo maggiore per l’industria tedesca, e hanno quindi minacciato di bloccare l’approvazione degli stanziamenti necessari allo SCAF finché non si fosse trovato un nuovo accordo industriale, che è stato finalmente adottato nell’ottobre 2019.
La Francia e la Germania hanno inoltre dovuto mettersi d’accordo sulle regole per l’esportazione degli armamenti sviluppati assieme. A questo proposito, i due paesi hanno un approccio molto diverso – almeno in apparenza. Dopo lunghi negoziati, i governi hanno raggiunto un accordo giuridicamente vincolante nell’ottobre 2019: come regola generale, non è più possibile per la Germania opporsi alle esportazioni di armi francesi dal momento che contengono meno di 20% di componenti tedeschi, e viceversa.
Dalla cooperazione industriale all’avvicinamento politico di alto livello
Malgrado la complessità del programma SCAF, il suo interesse per gli Stati coinvolti sembra innegabile. Si tratta di un ambizioso tentativo di migliorare la situazione dell’industria militare europea. Grazie alla condivisione degli investimenti e dei costi, si evita la ridondanza dei programmi di armamenti. Si garantisce poi maggiore sostenibilità alle industrie militari nazionali o europee coinvolte, risparmiando fondi che potranno essere investiti nello sviluppo di tecnologie nuove, a un livello che uno Stato da solo non avrebbe potuto raggiungere – uno sviluppo essenziale per poter disporre di una difesa all’altezza, garantire l’esportazione dei materiali in questione e aumentare le ricadute delle ricerche realizzate nel settore civile.
Data la persistente frammentazione dell’industria militare europea, il successo del programma SCAF dipende dalla capacità degli Stati coinvolti di definire una visione strategica comune nel lungo termine. In altri termini, si tratta di giungere a una simile visione del mondo, di accordarsi sugli interessi e sui valori da difendere, di definire le minacce che incombono e di concordare sulla maniera in cui si vuole rispondere. Tale lavoro, sostanzialmente politico, richiede una conoscenza e una fiducia reciproca particolarmente approfondita. In effetti, un progetto come quello dello SCAF equivale per ogni Stato a rinunciare a disporre in proprio dell’insieme dei mezzi incaricati di difendere la propria sovranità, dato che delega ad altri la responsabilità di sviluppare una parte delle tecnologie che devono proteggerla. Si deve quindi accettare una certa specializzazione della propria industria militare; da cui la lunghezza dei negoziati politici e industriali in questo campo.
Avviando questa cooperazione, Francia, Germania e Spagna hanno scelto di non dipendere dell’alleato americano per garantire la propria sovranità, e di trasporre una parte della loro sovranità a livello europeo, attraverso una ripartizione dei compiti e delle responsabilità quanto più equilibrata possibile. In tal modo, questi paesi e quelli che si uniranno a loro potrebbero finire per accentuare la dimensione politica del progetto europeo. Tale effetto potrebbe essere ancora più forte in caso di fusione tra i progetti SCAF e Tempest. In caso di successo, i programmi di armamento congiunti potrebbero inoltre consentire all’industria militare europea di dipendere meno dalla necessità di esportare ad ogni costo, e dunque favorire l’attuazione di politiche di esportazione al di fuori dell’UE più rigorose.