Il gas di Cipro: benedizione o maledizione?
Da quando una delle più importanti riserve di gas naturale al mondo è stata scoperta al largo di Cipro, l'isola è al centro degli interessi dei giganti degli idrocarburi. Una situazione che influisce sui delicati negoziati per la riunificazione.
Il gas di Cipro: benedizione o maledizione?
Da quando una delle più importanti riserve di gas naturale al mondo è stata scoperta al largo di Cipro, l’isola è al centro degli interessi dei giganti degli idrocarburi. Una situazione che influisce sui delicati negoziati per la riunificazione.
Mentre l’inverno avanza, il Mediterraneo orientale è in fermento. Il 31 ottobre la Turchia ha fatto partire delle ricerche di petrolio e di gas nel Mediterraneo orientale a largo di Antalya, atto che potrebbe alimentare di nuovo le tensioni regionali. Ankara ha annunciato di voler rispondere alle azioni “unilaterali, illegittime e ingiuste” dirette contro i suoi interessi. Questa reazione della Turchia arriva in un momento in cui Cipro è sul punto di rinnovare le prospezioni di gas al largo della sua costa meridionale. La società di idrocarburi americana ExxonMobil doveva cominciare a dicembre scorso le perforazioni nel promettente blocco 10 della zona economica esclusiva di Cipro.
Lo scorso 4 novembre il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha messo in guardia le grandi multinazionali del petrolio, definendole “pirati” e “banditi”, contro qualunque prospezione di gas a Cipro. I media ciprioti parlano di una “guerra psicologica”, di un “cambiamento radicale” che la Turchia vuole imporre nel Mediterraneo orientale.
Nel corso dell’ultimo decennio le prospezioni vicino alle coste di Cipro, dell’Egitto, di Israele e del Libano hanno permesso di scoprire grandi giacimento di gas naturale e di petrolio. Ma il Mediterraneo, il Mare nostrum, si sta rapidamente trasformando in una zona di tensioni.
In particolare per la faccenda degli idrocarburi nel Mediterraneo orientale e delle frontiere marittime, cioè le zone economiche esclusive (Zee). Qui esistono due controversie diverse: la questione israelo-libanese e quella di Cipro con l’isola divisa in due dopo l’invasione turca nel 1974.
Il 4 novembre alcune fonti diplomatiche non cipriote hanno riferito al quotidiano Politis che la piattaforma turca di trivellazione soprannominata il “Conquistatore” (Deep Sea Metro II) al largo di Antalya è solo l’inizio di un piano strategico da parte della Turchia per impedire l’attuazione del programma energetico della Repubblica di Cipro entro il 2019 e che la questione sugli idrocarburi rappresenta ormai un elemento importante nelle prossime discussioni su Cipro.
Ma se le trivellazioni della ExxonMobil dovessero rivelarsi soddisfacenti, potrebbero provocare, in caso di mancata risoluzione del conflitto, un aumento delle tensioni. ”La Turchia adotta una politica attendista (wait and see) per capire le intenzioni della parte cipriota greca riguardo la questione di Cipro e allo scopo di avere un’idea più chiara sui risultati delle trivellazioni della ExxonMobil nel blocco 10”, osserva Giannis Ioannou, analista diplomatico dell’università di Nicosia.
Ankara, che occupa metà dell’isola, non ha relazioni diplomatiche con la Repubblica di Cipro, che al contrario della parte occupata (la Repubblica turca di Cipro nord, Rtcn), è riconosciuta a livello internazionale. In qualità di garante dei ciprioti turchi, la Turchia utilizza come pretesto il fatto che il governo cipriota greco non rappresenta gli interessi dei ciprioti turchi.
La Turchia non accetta le rivendicazioni cipriote greche sulla sovranità esclusiva e afferma i negoziati sono in corso; per proteggere i diritti dei ciprioti turchi fa affidamento sul suo statuto di Stato garante in virtù del Trattato di garanzia del 1960. Per questo motivo Ankara non riconosce la zona esclusiva di Cipro.
Inoltre Ankara non ha ratificato la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982 perché è molto critica rispetto all’articolo 87 della parte V. Sulla stessa linea di Ankara, la Rtcn afferma la proprietà comune delle risorse naturali dell’isola e si è opposta ai tentativi di Nicosia di controllare in maniera unilaterale i contratti di trivellazione in mare. Nel settembre 2011 i ciprioti turchi hanno firmato con la Turchia un “accordo di delimitazione della piattaforma continentale”. È su questa base che il regime separatista ha dichiarato una “Zona economica esclusiva”, cosa che significa che metà della Zee cipriota le appartiene, compresi i blocchi 1, 2, 3, 8, 9, 12 e 13.
La carta indica la Zona economica esclusiva di Cipro, i diversi blocchi di sfruttamento delle riserve di gas, le compagnie che li sfruttano e i loro paesi.
L’origine della divisione
Nel 1974, la giunta greca, con l’appoggio delle forze della sua comunità cipriota, ha realizzato un colpo di stato contro il presidente Makarios allo scopo di collegare Cipro alla Grecia. Come paese garante, la Turchia è intervenuta militarmente invocando una “operazione di pace”. L’invasione turca ha portato all’occupazione del 38% del territorio cipriota, lasciando 35.000 soldati in servizio. Una zona cuscinetto mantenuta dall’ONU, istituita nel 1963, ha tagliato l’isola in due dal 1974, compresa la capitale Nicosia, rendendola l’ultima capitale divisa dell’Ue. Riconosciuta solo dalla Turchia, la Repubblica Turca di Cipro del Nord, che si è autoproclamata nel 1983, vive degli aiuti di Ankara.
Diversi esperti avevano ipotizzato che il gas di Cipro sarebbe stato un catalizzatore per una soluzione della questione cipriota, ma a quanto pare oggi questo elemento è diventato un fattore di stallo. Nel corso del 2015 le discussioni sono state sospese dopo che la Turchia ha violato la Zee lanciando un Navtex, un segnale di allarme internazionale. Di fatto l’uscita progressiva dalla crisi economica del 2012-13 e le elezioni del nuovo presidente, il moderato Mustafa Akinci, avevano permesso di rilanciare i negoziati.
In effetti nella retorica comunicativa del presidente della Repubblica di Cipro, Nikos Anastasiades, sembrava che la questione degli idrocarburi non dovesse far parte integrante dei negoziati. Era previsto che i benefici delle risorse naturali sarebbero stati distribuiti in modo equo fra le due comunità solo nel quadro di una soluzione basata su un’isola riunificata e federale. In profondo disaccordo, Akinci ha accusato Anastasiades di non aver creato un comitato per il gas e di prendere delle decisioni senza includere i ciprioti turchi.
“Ormai a ogni proposta da parte greca, la Turchia metterà sul tavolo dei negoziati la carta del gas naturale”, spiega Ioannou. “Cipro sta pagando chiaramente il fallimento dei negoziati di Crans-Montana”. È molto probabile che Ankara si servirà della Zee cipriota per rendere più difficili i negoziati futuri. “Il gas naturale ha chiaramente cambiato la situazione”. Erdoğan lo utilizzerà come arma negoziale”, afferma l’analista diplomatico. “Penso che Erdoğan non voglia più una situazione federale. Il presidente turco ha un piano B: una soluzione a due stati. Di conseguenza lo status quo gli conviene”, aggiunge Ioannou.
I negoziati per la riunificazione dell’isola si sono bloccati a Crans-Montana in Svizzera, nel corso delle trattative organizzate sotto l’egida dell’Onu e dei tre paesi garanti nel luglio 2017. Il progetto di riunificazione era basato sulla creazione di una federazione “bizonale e bicomunitaria”, ma i due leader non si sono messi d’accordo sulle questioni degli aggiustamenti territoriali, sulla sicurezza e sulle garanzie. Con l’appoggio della Grecia, Cipro ha sostenuto che l’Unione europea dovesse essere garante di tutti i cittadini, ma la Turchia non voleva cambiare il sistema iniziale temendo per la sicurezza della sua comunità. In seguito i due leader si sono rinfacciati reciprocamente la responsabilità del fallimento.
In occasione di una conferenza stampa televisiva , Anastasiades si è rivolto ai ciprioti e ha dichiarato che il fallimento di Crans-Montana era il risultato dell’intransigenza della Turchia. Il presidente della Repubblica di Cipro ha proposto un governo federale decentralizzato senza però specificarne gli aspetti, ma ha dichiarato che qualunque decentralizzazione non avrebbe compromesso l’integrità territoriale, la sovranità, la sicurezza e l’economia di Cipro. In questo momento i negoziati si trovano in una situazione di stallo perché il leader cipriota turco aveva avvertito che si sarebbe dimesso se al tavolo negoziale non si fosse più discusso di una soluzione federale bizonale e bicomunitaria.
Rieletto nel febbraio 2018, Anastasiades vorrebbe controllare le ricerche in corso e le prospezioni di gas e di petrolio al largo della costa meridionale dell’isola per stimolare la crescita economica, poiché le riserve accertate di gas presenti nei tredici blocchi di una parte della Zee proclamata dalla Repubblica di Cipro sono stimate in 10-12mila miliardi di piedi cubi. La riserva di gas naturale nel blocco 12 chiamato “Afrodite”, trivellato da grandi compagnie come Noble Energy, Royal Dutch Shell e Delek, è stimato in 4.500 miliardi di piedi cubi. L’8 febbraio 2018 l’Eni aveva annunciato la scoperta di gas nel blocco 6 “Calipso”. Secondo i media ciprioti le riserve accertate sono stimate fra i 6 e gli 8mila miliardi di piedi cubi. Ma queste riserve sono poca cosa rispetto a quelle dei giacimenti egiziani “Zohr” (30 trilioni di piedi cubi) e di quelli controllati da Israele.
Ma le ambizioni di Cipro riguardo il suo programma energetico si scontrano con una Turchia sempre più aggressiva. Le tensioni fra la Repubblica di Cipro e la Turchia erano già aumentate nello scorso febbraio dopo che delle navi da guerra turche avevano bloccato la nave di prospezione Saipem 12000 appartenente al colosso italiano degli idrocarburi Eni, mentre si dirigeva verso giacimenti di gas situati nel blocco 3 della zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro. In seguito alle provocazioni turche le prospezioni nel blocco 3 sono state sospese e rinviate. Nicosia ha accusato la Turchia di aver violato il diritto internazionale e di voler mantenere il suo programma di sfruttamento e di esplorazione.
Nel febbraio 2018 in seguito alle tensioni con l’Eni nel blocco 3, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha cercato di gettare acqua sul fuoco dichiarando che il ruolo del segretariato dell’Onu non è quello di “prendere posizione sui diritti degli Stati membri in virtù del diritto internazionale generale” e che “una soluzione per il problema cipriota costituisce la migliore possibilità per risolvere questo problema”. Un punto che ha del resto ripetuto nel suo rapporto al Consiglio di sicurezza dell’Onu nell’ottobre 2018.
“A causa dell’azione della Turchia nella Zee non è certo che Cipro possa vendere del gas”, ha osservato in febbraio Fiona Mullen, specialista delle questioni legate al gas nel Mediterraneo orientale e del problema cipriota. “Abbiamo capito che non si può pretendere che la questione del gas sia separata dal problema cipriota. Quando una parte si può avvalere del diritto internazionale mentre l’altra ha le armi, l’unico modo per risolvere la disputa è negoziare. Solo una soluzione politica potrà mettere fine a questa situazione”, ha aggiunto Fiona Mullen. “Il rischio principale sul breve periodo è che la Turchia utilizzi la sua piattaforma di trivellazione in acque profonde acquistata di recente, la Deep Sea Metro II (soprannoninata il “conquistatore”) per forare nel pozzo 3 dove è presente l’Eni. Il rischio sul lungo periodo per le imprese è che non potranno sfruttare nessuna riserva di gas senza una soluzione del problema cipriota”.
Da un punto di vista tecnico esistono diverse opzioni per il trasporto del gas, ma finora nessuna è stata privilegiata. La prima opzione è quella di esportare il gas naturale raccordando delle condutture sottomarine o attraverso la costruzione di una fabbrica di liquefazione. Un altro sistema, che favorirebbe l’uso degli eccedenti della fornitura di gas, consiste nel generare elettricità da esportare verso l’Europa attraverso dei cavi sottomarini. Per l’Unione europea gli idrocarburi di Cipro rappresentano un mezzo per diversificare le sue risorse di gas e per ridurre la dipendenza nei confronti della Russia. L’Ue considera il gasdotto East Med come un progetto di interesse comune. “Ma in questo momento non penso che il gasdotto East Med (Israele, Cipro, Grecia e Italia) sia una soluzione economicamente valida. Il suo costo secondo i suoi finanziatori è stimato in 6 miliardi di dollari, una cifra troppo bassa per un gasdotto che dovrebbe estendersi da Israele all’Italia”, osserva Fiona Mullen. “Il mezzo più rapido, più semplice e meno caro per esportare del gas sarebbe quello di inviarlo attraverso un gasdotto in Turchia. Ma questo comporterebbe una risoluzione del problema cipriota, cosa che per ora sembra improbabile”, continua la specialista.
La Turchia inoltre considera la possibile esportazione di gas attraverso Cipro e la Grecia come una minaccia per le sue ambizioni, in quanto paese di transito attraverso cui il gas del Mar Caspio e quello dell’Asia centrale arriva sul mercato europeo. Lo scorso febbraio in seguito alle tensioni nella Zee cipriota, l’Egitto aveva schierato le sue navi da guerra ai confini della sua Zee. Di fatto con le sue azioni la Turchia verifica anche la tenuta delle alleanze.
Le scoperte di giacimenti di idrocarburi nel corso degli ultimi dieci anni nel Mediterraneo orientale e gli sviluppi delle “primavere arabe” hanno costruito dei nuovi assi di cooperazione e hanno spinto il governo cipriota a cercare nuove alleanze nella regione per rendere sicure le future esportazioni di gas, anche se queste alleanze sono fragili sotto diversi punti di vista poiché finora non è stato firmato alcun trattato militare.
Negli ultimi anni ci sono stati diversi vertici tripartiti (Grecia-Cipro-Egitto e Grecia-Cipro-Israele). Per la prima volta nella sua storia Cipro ha cominciato a svolgere un ruolo importante nella politica e nella sicurezza regionale. Allo stesso modo le relazioni bilaterali e diplomatiche fra la Francia e Cipro sotto la presidenza di François Hollande si sono sviluppate attraverso il rinnovo di contratti di difesa e con il sostegno dato dalla Francia a Cipro per lo sfruttamento delle sue risorse, in particolare con la presenza di Total in diversi blocchi della Zee cipriota.
Ma è sotto Emmanuel Macron che si constata una reale volontà della Francia di essere più coinvolta nelle alleanze, in particolare nel campo della difesa. In occasione della sua visita a Cipro nel settembre 2018, il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha dichiarato: “per noi la sicurezza di Cipro è una priorità, in una regione particolarmente agitata”. In un’intervista al giornale greco Kathimerini, Le Drian ha ribadito che la Francia ha sempre sostenuto il diritto sovrano di Cipro di esplorare e sfruttare le sue risorse naturali in conformità al diritto dell’Ue e al diritto internazionale.
A loro volta gli Stati Uniti hanno ribadito il diritto della Repubblica di Cipro di sviluppare le sue risorse naturali, comprese quelle che si trovano nella sua Zee. Il ministro degli Esteri cipriota Nikos Christodoulides si è recato negli Stati Uniti il 7 novembre e ha firmato una dichiarazione di intenzioni che ufficializza e definisce per la prima volta il quadro della cooperazione in materia di sicurezza fra gli Stati Uniti e Cipro. Alcune fonti hanno riferito che in occasione di questo incontro è stata anche discussa la partecipazione degli Stati Uniti al futuro vertice tripartito Grecia-Cipro-Israele.
Infine la linea comune di Ankara e dei ciprioti turchi sembra indicare che i guadagni economici relativi allo sfruttamento del gas per le due comunità siano solo una parte di un problema più generale. Al di là degli aspetti economici del problema del gas, indubbiamente fondamentale per un futuro stato federale, si pone infatti anche la questione della sovranità poiché la partecipazione dei ciprioti turchi nella gestione delle riserve permetterebbe alla Turchia di garantire i suoi interessi vitali nella regione.